venerdì 30 settembre 2011

La racconto lo stesso, anche se nessuno mi crederà.

Stamattina sono andato a ritirare delle cravatte in lavanderia. Il figlio della titolare (sono rumeni: bravissime persone con cui si può chiacchierare di politica, e anche di geopolitica) probabilmente sa che mia moglie è avvocato penalista, perché appena sono entrato nel negozio mi ha raccontato quanto segue, che direi di situare all'incrocio fra Easton Ellis e Ionesco. Alcuni giorni fa una donna elegante, sui cinquant'anni, gli ha portato una bellissima camicia di seta sporca di sangue, e lo ha pregato di rimuovere le macchie. La camicia è stata lavata, ma poiché le macchie di sangue sono molto difficili da togliere, il capo si è rovinato. Quando è tornata a ritirare la camicia, la signora ha dato in escandescenze. Ha detto che era una camicia di qualità, che ormai era da buttare e che sarebbe andata subito a denunciarli. Poi è uscita, sbattendo la porta. Un'ora dopo, una volante ha parcheggiato di fronte alla lavanderia. Ne è sceso un maresciallo dei carabinieri, il quale dopo essersi presentato ha chiesto se i termini della denuncia fossero fededegni, se cioè davvero la lavanderia avesse rovinato una preziosa camicia di seta macchiata di sugo di pomodoro. Immediatamente il figlio della titolare ha protestato che non si trattava di macchie di pomodoro, ma di grosse macchie di sangue, molto difficili da togliere. A questo punto il maresciallo, sorpreso, ha esclamato: "Ciò cambia tutto. Se le macchie erano di sangue, non siete voi a dovervi preoccupare della giustizia, ma la signora che vi ha denunciato". Poi ha fatto un piccolo inchino, ha salutato in fretta ed è uscito di corsa dal negozio.

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