Copio qui il testo della recensione, ma tutti sono invitati a visitare il sito originale, che contiene altre pagine critiche di (e su) Morandini:
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martedì 25 dicembre 2012
Letture: Fabrizio Ottaviani, "La gallina"
Di Claudio Morandini
Come in un film di Buñuel, o in una pièce di Ionesco, i
quattro protagonisti de “La gallina”, il vivace e originale romanzo di Fabrizio
Ottaviani pubblicato da Marsilio nel 2011, restano prigionieri di una
situazione paradossale e vischiosa, nell’appartamento di lusso al settimo piano
in cui si svolgono quasi tutte le scene.
Un giorno una vecchia misteriosa consegna una gallina (una
strana gallina, dalle lunghe e robuste zampe da rapace, dall’intestino
indomabile, dal puzzo intrattabile). Il maggiordomo crede che sia un’eccentricità
della padrona di casa, Elena De Giorgi, o del marito, Massimiliano, non rifiuta
la gallina, aspetta ordini. Da quel momento la bestia si aggirerà per le sale
dell’appartamento come un ingombrante, corporalissimo spettro, anche spaventoso
quando agita le ali e tenta brevi voli, e condizionerà le vite dei
protagonisti, portando in superficie conflitti latenti, agendo insomma come
elemento scatenante. Cercheranno di sbarazzarsene, invano. Cuoca (Irene) e
maggiordomo (Adelmo) ricorreranno ai più vari espedienti, fallendo sempre, mentre la
loro rivalità si accentua, e il fallimento dell’uno diventa occasione di
rivalsa per l’altro. Dubbi, debolezze, ripicche e incomprensioni condiscono
anche la relazione tra i due padroni di casa. In mezzo a tutto questo, si manifesta
la gallina, ostinata, incomprensibile come la proibizione a uscire dalla stanza
dell’”Angelo sterminatore” di Buñuel, o il moltiplicarsi di sedie o
l’ingigantirsi di un cadavere ne “Le sedie” e “Amedeo o come sbarazzarsene” di
Ionesco (ma mi è venuta in mente anche la “scimia” de “Le due zittelle”
landolfiane).
Nella seconda parte del romanzo la presenza della gallina
avrà conseguenze nefaste, tragiche, secondo un ben orchestrato crescendo,
quando diventerà oggetto di trame da parte di finti amici e veri rivali dei coniugi
De Giorgi, pronti a sfruttare l’ospite sgradito e le rivalità dei due domestici
per sbalzare Massimiliano e Elena dai loro posti di potere. Qui gli spazi si
ampliano, arrivano a cogliere grattacieli dall’architettura imponente ma traballante,
strade trafficate, tribunali ospitati in edifici incongrui, il tutto in
un’atmosfera di caos imminente, di prossimo tracollo. Intanto però qualcosa
continua a ricordarci che lassù, nell’elegante appartamento anche un po’ kitsch
al settimo piano, continua a razzolare la gallina da cui tutto è partito.
Ne “La gallina”, la comicità di molte situazioni nasce
dall’incongruo di una bestia produttrice indefessa di escrementi e piume e
puzza in un contesto di almeno apparente impeccabilità; dall’inadeguatezza dei
sistemi nell’affrontare il problema; dalla compostezza recitata anche nei
momenti più agitati dai ben educati personaggi; dalla decelerazione delle
reazioni mentali, dal ragionare ossessivo, dalla vivacità al rallentatore delle
scene, rese quasi oniriche da uno stile narrativo fuori dal tempo, attento ai minimi
dettagli, amante delle ricercatezze, con effetto talvolta raggelante; dal
grottesco di carattere teatrale di certi momenti (l’arrivo delle amiche della
signora, la lunga, stralunata scena con la guardia medica, la scena degradante in
tribunale, il consiglio di amministrazione all’ultimo piano di un grattacielo
pericolosamente oscillante al vento, la veglia funebre colta attraverso gli
occhi e le orecchie della gallina accovacciata nella bara); dallo
smascheramento e capovolgimento delle più rassicuranti convenzioni sociali e
familiari. Tutto questo, oltre che comico, suona anche francamente angoscioso,
certo.
Chi è la vecchia che ha consegnato la gallina, e a quale scopo?
Questa domanda, che attraversa ancora i primi capitoli, verrà quasi
dimenticata, per effetto dell’emergenza data dalla presenza della gallina.
Tornerà verso la fine, senza trovare risposta, o meglio trovandone parecchie,
tutte possibili ma insoddisfacenti. Il mistero, per fortuna, rimane, infilato in
un finale parzialmente lieto, sorprendente ma del tutto coerente.