sabato 15 marzo 2014

Più al birichino che al metafisico



Sono le scene di sesso fra accademici (o fra aspiranti tali) la parte migliore del secondo romanzo di Gilda Policasto, Sotto (Fandango, 278 pagg., 19 euro). Il romanzo d’esordio, Il farmaco, era valso all’autrice l’inserimento nell’antologia di Andrea Cortellessa dedicata ai migliori scrittori degli “anni zero”, cioè del primo decennio del Duemila. A differenza del Farmaco, storia cupa ambientata in un ospedale, Sotto trabocca di un humour raffinato e irriverente (si pensi anche solo al titolo, altro che honni soi qui mal y pense), sicché sembra che con la sua ultima fatica Policastro abbia fatto pace con la sua essenza; un’essenza incline più al birichino che al metafisico, almeno a giudicare dai suoi post su facebook diventati, ormai, quasi un oggetto di culto.
Sotto è ambientato in una facoltà di lettere dominata da un “barone” vecchio e lubrico che porta il nome del re pazzo di Baviera, Ludwig. "Ludwig è un uomo di potere, e quel potere intende come fine, e al fine si tende con i mezzi, e i mezzi di un uomo e una donna sono gli organi sessuali". A imbattersi nel professorone sono due inquiete studiose. L’una, Camilla, è appena stata abbandonata dal compagno, Marco, che ha tagliato la corda lasciandola alle prese con una figlia piccola. L’altra, Alba, ha vinto il concorso di dottorato ma è senza “borsa”, cioè stipendio. Alba ha stipulato con il suo amico Francisco una lista di venti comandamenti, il “ventalogo”, che per esempio vieta di tirarsi i capelli o di mostrare un pezzetto di perizoma durante le riunioni di dipartimento. Tutt’e due attendono l’assunzione a tempo indeterminato e il miracolo che le trasformi ufficialmente in ricercatrici. Perché "è il concorso che ti chiama, non te che ci vai".
Corruzione, arbitrio, demente burocrazia che favorisce le mezze calzette: l’università di Policastro è grigiore attenuato dal sesso sadomasochistico, opacità mai riscattata dall’ambizione intellettuale. Sotto è un raffinato chick-lit per dottorande? Non esageriamo con la severità: Arbasino (le note che chiudono Fratelli d'Italia) echeggia in alcuni dialoghi molto buoni: "Dammi un bacio (con la faccia da teschio)". "No". Certo, a volte si ha l'impressione di leggere Lidia Ravera: "Ma non ci siamo nemmeno presentati, io sono Camilla aveva detto sorridendo coi denti bianchissimi, le lentiggini a tempestarle il naso come le stelline sui biscotti". Però, fra il Venerdì santo del Farmaco e il Giovedì grasso di Sotto, nessuno esiterebbe un istante. Meglio Sade e Klossowski, shakerati da Bridget Jones.